Sulla mia seduta rivestita di porpora avevo sempre desiderato ospitare un re: uno di quelli con un ampio mantello, lo scettro in mano, la corona d’oro e pietre preziose…magari Cesare Augusto in persona!
Da sempre mi trovavo invece nel pretorio di Gerusalemme per far da sedile a Pilato, il governatore romano: un personaggio di rilievo, certo, ma mai quanto un re… Quella mattina però un gran viavai sin dall’alba mi aveva insospettito.
Forse stava davvero arrivando una persona importante: il re Cesare in carne e ossa? Più i minuti passavano, più l’andirivieni aumentava e mi convincevo che presto sulla mia seduta si sarebbe accomodato qualcuno di davvero importante: finalmente il mio sogno stava per avverarsi!
Vidi entrare nel pretorio Pilato, che non amavo molto per la verità. Insieme a lui c’era un giovane sino allora mai visto. Non ebbi nemmeno il tempo di ipotizzare chi fosse, che iil governatore gli chiese bruscamente: “ Allora, tu sei il re dei Giudei?”. Ero sbalordito: il re dei Giudei?!. Senza mantello, scettro, né corona, come poteva essere un re quel giovane? Lo osservai bene:
Sul suo volto un’espressione serena e amichevole mi rassicurava e mi ispirava una forte simpatia, ma non sembrava affatto un re! Subito rispose: “Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?“.E Pilato: “Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?” Capii che c’era qualcosa che non andava. Mi tornò alla mente un colloquio che avevo sentito qualche mese prima nel pretorio, quando il governatore aveva ricevuto l’insolita visita di Caifa, sommo sacerdote. Parlavano di un giovane, un certo Gesù, che in pochi mesi si era fatto centinaia e centinaia di discepoli.le folle erano estasiate dal suo operare guarigioni, dare cibo agli affamati, consolare gli afflitti, tanto che Caifa era venuto subito a riferire a Pilato mettendolo all’erta. “Se continuiamo a lasciargli il campo libero prima o poi il popolo lo proclamerà re: dobbiamo coalizzarci e farlo fuori in qualche modo!”, aveva detto il sommo sacerdote, con un tono totalmente minaccioso da non scordarlo più. Sì, il giovane davanti a Pilato doveva essere quel Gesù di cui avevo sentito parlare.
“La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me.che cosa hai fatto?”, ripetè il governatore. Rispose Gesù: “Il mio regno non è di questo mondo; se ti mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù “.
Era vero: Gesù era un re! Ma perché veniva trattato con tanta superiorità e arroganza? I sovrani godono sempre nel massimo rispetto, almeno apparentemente, mentre a Gesù era riservato un trattamento degno del peggiore imputato. Non capivo. Pilato gli chiese di nuovo: “ Dunque tu sei re?” Rispose Gesù: “ Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque ed è dalla verità, ascolta la mia voce”.
Da queste parole capii che quello davanti ai miei occhi non era il re a cui siamo soliti pensare: pieno di onore e potere, servito e riverito. Era un re umile, senza mantello, perché serviva tutti coloro che incontrava e invitava a fare altrettanto; era un re giusto, senza scettro, perché disteneva l’uguaglianza tra tutti gli uomini e spronava a non fare nessun tipo di distinzione, né economica, né sociale; era un re povero, senza corona, perché si preoccupava che tutti avessero di che saziarsi e insegnava a farsi fratelli gli uni degli altri, soprattutto dei più bisognosi. Io, un povero trono, avevo capito perfettamente cosa voleva dire Gesù con le parole “ io sono re, venuto nel mondo, per dare testimonianza alla verità “. Ma Pilato, il governatore romano, continuava a non capire e si mostrava sempre più spazientito. Era rimasto così colpito da quelle poche ma significative parole di Gesù che mi estraniai continuando a riascoltarle tra me e me. Pensavo a tutti i discorsi uditi dal mio primo giorno in quell’aula, spesso frequentata da persone importanti: era facile dedurre le profonde ingiustizie subite dalla povera gente a opera dei potenti, i grandi privilegi per i personaggi di rilievo, l’insoddisfazione e la miseria dei tanti, le corruzioni di chi riusciva sempre a cavarsela con appoggi e tornaconti. Pensavo poi alle persone semplici e oneste che stavano dalla parte della verità e ascoltavano la voce di Gesù….
Una scena davanti ai miei occhi, però, mi riporto alla realtà: Gesù portava una corona di spine e un mantello di porpora.lo stavano sbeffeggiando per condannarlo ma lui era e restava il re di tutti coloro che avevano ascoltato la sua voce: un re umile e giusto, delle persone semplici e oneste. Quando lo vedi uscire dal pretorio, sentii che il desiderio di accogliere sulla mia seduta è un re era svanito, come all’improvviso…. anzi, me ne vergognavo. Non mi attiravano più i re dagli scettri e dalle corone d’oro: avevo avuto la grazia di conoscere il Re del mondo intero, quello che fa della sua potenza e della sua ricchezza l’uguaglianza e la felicità di tutti gli uomini. Forse istintivamente avrei voluto che sulla mia seduta si sedesse Gesù… Avevo capito, però, che il suo sedile non sarebbe stato un semplice trono, ma l’animo di ciascun uomo di buona volontà
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