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LA PECORA BEATA NEL DESERTO


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Il deserto era per me il luogo più bello che avessi mai visto: mi faceva nascere dentro il cuore una sensazione di pace e di infinito. Nonostante fossi una pecora e vivessi con il resto del gregge, quando il pastore ci conduceva lungo i crepacci del deserto di Giuda sentivo una grande voglia di andare più avanti,di spingermi oltre, per cercare un angolino tutto mio, per vedere cosa ci fosse dietro quelle montagne di pietra, per godermi la pace della solitudine.

Le mie compagne me lo dicevano sempre:

“Perché ti allontani da noi?È pericoloso! Non vedi che burroni ci sono laggiù?! Resta insieme al tuo gregge!” Ma io non le ascoltavo: volevo seguire i miei desideri. Una mattina mentre, mentre pascolavo tra i sassi del deserto scegliendo i cespugli meno rinsecchiti dall'arsura, mi spinsi sul ciglio di un burrone roccioso, ma allo stesso tempo molto fragile. In men che non si dica, mi ritrovai qualche metro sotto, precipitata in una grotta a gambe all’aria! Fortunatamente ero sana e salva… Ma come sarei uscita da lì? Cominciai a guardarmi intorno: non c'erano vie di fuga. Subito iniziai a belare, nella speranza che qualcuno mi sentisse. Confidavo nella bontà del mio pastore: ci conosceva tutte, una per una, e al tramonto-nel riportarci a casa-si sarebbe accorto della mia assenza. Così accadde: attesi tutto il giorno, sicura però che presto sarebbe arrivato a salvarmi. Il sole era già calato, le ombre dei pochi cespugli che riuscivo a scorgere dal fondo di quella grotta si allungavano. Ebbi paura: la notte si stava avvicinando e, pur essendo innamorata del deserto, non avrei assolutamente desiderato essere lasciata lì. Pensai al mio pastore: sicuramente aveva già fatto rientrare tutte le altre pecore nel recinto ed era tornato indietro a cercarmi. Ma perché non arrivava? Presto però sentii una voce che gridava: "Dove sei? Dove sei?". Lo riconobbi e risposi belando. In un battibaleno individuò la mia posizione, si avvicinò e provò a calarsi nella grotta per tirarmi fuori. Ma non era così facile. Aveva bisogno di qualcuno di qualcosa a cui aggrapparsi per risalire, una volta recuperatami. Con una corda si assicurò un appiglio e l'agilità fece il resto: in pochi minuti mi ritrovai sulle sue spalle e sentii il suo cuore battere per avermi ritrovato. Il mio gli faceva da eco per la gioia di essere stata salvata. L'imbrunire aveva ormai colorato il cielo di blu, ma un chiarore all'orizzonte illuminava ancora il nostro sentiero. Mi sentivo al sicuro tra le braccia del mio pastore e quella sensazione di pace e infinito, che nasceva sempre dentro di me ogni volta che pascolavo nel deserto, adesso si era trasformata in una grande gioia: quella di essere stata ritrovata. Nel tragitto verso casa ascoltavo il silenzio, presto interrotto da un canto che si levò sulla bocca del mio pastore. Diceva:

“Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l'aiuto?

Il mio aiuto viene dal Signore, che ha fatto cielo e terra.

Non lascerà vacillare il tuo piede,non si addormenterà il tuo custode. Il Signore ti custodirà da ogni male, egli custodirà la tua vita.

Il signore veglierà su di te, da ora e per sempre”Era la preghiera del mio pastore al suo Dio perché io,perduta, ero stata ritrovata. Divenne anche mia quella preghiera, perché, dopo essermi smarrita nel deserto, adesso mi ritrovavo beata tra le braccia del mio pastore.

 
 
 

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